Descrizione
È un giorno destate del 1906 ed Emily Carr passeggia sulla spiaggia della costa occidentale dellisola di Vancouver. Il paniere col cibo al braccio, il berretto che sbatacchia al vento, Emily non si stanca mai di guardare il villaggio di Hitatsuu, disteso sotto un delicato velo di vapore. È felice di trovarsi nella terra dei Nootka, là dove la foresta e il mare si danno la mano, e i cedri e gli abeti, sferzati dalle onde e profumati dalghe e spruzzi salini, lottano per conquistare lo spazio, scuotono i rami e premono a ridosso delle case. Ogni artista, si sa, ha il suo démone, la forza impetuosa che lo separa dal resto del mondo e costituisce la fonte più vera della sua ispirazione. Il démone di Emily Carr, pittrice e donna alla ricerca del cuore selvaggio della vita, è il bosco dellisola di Vancouver, la foresta pullulante e minacciosa, popolata dai discorsi dei corvi e da altri segreti, da case fatte di cedro e scorticate dalle intemperie fino a diventare di un meraviglioso color argento, da tribù nobili e fiere. Emily è stata a San Francisco e lha trovata meschina, è stata a Londra e si è sentita soffocare. Ha percorso le Montagne Rocciose sulla Canadian Pacific Railway, trattenendo il fiato di fronte alla potenza delle cime frastagliate, ha galoppato a pelo in un ranch del Western Cariboo, sventolando il cappello e lanciando grida sotto il cielo immenso. È tornata nel salotto inamidato e cosparso di centrini della sua casa natale di Victoria e non vi ha trovato altro che ipocrisia e pregiudizi. Solo nella foresta dellisola di Vancouver, in quel luogo grondante di succhi vitali, il posto più selvaggio, più libero e seducente della terra, lei, lamante del bosco, lamica degli indiani e perciò, secondo sua sorella Dede, «la disgrazia della sua famiglia», ha scoperto il suo mondo, il paesaggio ideale della sua arte. Come nella Passione di Artemisia, Susan Vreeland ci offre, con Lamante del bosco, il ritratto indimenticabile di unartista la cui vita è stata segnata dal conflitto con le ottuse convenzioni sociali e i pregiudizi dellepoca. Vera e propria icona (prima di Georgia OKeeffe e Frida Kahlo) dellarte del secolo scorso, Emily Carr (1871-1945) condusse, infatti, unesistenza scandalosa per il suo tempo: donna bianca della buona società vittoriana, visse tra le tribù indiane della Columbia britannica, e fece suo il loro stile di vita «selvaggio e pagano». Attorno alla maestosa figura dellartista, sfilano, in queste pagine, i personaggi che hanno segnato la sua vita: Sophie, la coraggiosa donna squamish che ha perduto i suoi figli per le malattie trasmesse dai bianchi; Harold, il figlio di missionari che abbraccia la cultura indigena; Fanny, lartista che condivide con lei unestate sulla costa bretone; Claude, il francese che le ruba il cuore; e, soprattutto, le sue opere che hanno rivoluzionato larte moderna americana. «Una ribelle e appassionata canadese, caparbia nell’originalità della sua scandalosa pittura, destinata a rivoluzionare l’arte americana». Supplemento de La Stampa «Emily è una pioniera, e vive la sua passione di pittrice in maniera selvaggia e pagana incontrando nel bosco personaggi straordinari e indimenticabili». Shopping Milano «Il merito maggiore della Vreeland è quello di prestarci gli occhi per vedere i quadri di Emily, con tutte le storie che ci sono dietro che raccontano di coraggio e di disperazione, di morti e di nuove vite, in un ciclo continuo». Marilia Piccone, Stradanove «Fu pittrice innovativa e imprevedibile, dotata di un talento straordinario come il suo carattere. Emily Carr condusse l’intera esistenza a combattere le convenzioni della ingessata e benpensante società vittoriana». The Guide