Descrizione
Shu ha fame d’aria. Non in senso figurato: soffre di dispnea, una patologia che ti toglie il respiro dai polmoni all’improvviso. Forse per questo dell’aria ama parlare, gli piace inseguirla, cercarne le manifestazioni anche più estreme come il tornado del Montello, il più grande della storia d’Italia, che nel luglio del 1930 sconvolse il Nordest. Di questo evento rievoca i protagonisti, come don Luigi Panizzolo, rabdomante del suo gregge che cercò uno a uno i parrocchiani rimasti sepolti tra le macerie, o Zaccaria Dal Secco, fotografo che corse incontro al tornado per immortalarlo. Ma Shu non si ferma alle catastrofi, vuole raccontare anche altre storie. Quelle di chi dell’aria fa musica, come Eddie Busnello, sassofonista di Nervesa della Battaglia, o come la prima orchestra di theremin che proprio nel 1930 esordì sulle scene alla Carnegie Hall di New York. Quelle di Francis Beaufort, il primo nel 1805 a descrivere l’intensità del vento, con la scala che ancora oggi porta il suo nome; di Alessandro Piangiamore, artista che lavora a un’opera dal titolo “Tutto il vento che c’è”; dell’aviatore francese André Japy, che nel 1936 tentò il volo da Parigi a Tokyo, rischiando di perdere la vita. In tutti loro e in molti altri, Shu cerca se stesso. Vorrebbe dar forma alla storia sua e della sua famiglia, alla strana malattia che lo affligge e all’ancora più strana sensazione che prova, quella di esistere, sì, però forse in una forma che non gli appartiene. È uomo, è aria? Per tutti arriva il momento in cui vorremmo saperci staccare da terra, e non avere radici né zavorre, sembra essere il messaggio del misterioso Shu. A tutti è dato di farlo, sembra dire la sua costellazione di storie, come il vento, inafferrabili e potenti.