Descrizione
Il quartiere di Kolenkit, a ovest di Amsterdam, è considerato il «più problematico» dei Paesi Bassi per povertà, disoccupazione, abbandono scolastico e criminalità. Viverci è una sfida. Lo è ancora di più se sei una ragazza musulmana cresciuta in una famiglia di immigrati turchi semianalfabeti, ultraconservatori e nazionalisti. Se da bambina hai frequentato la scuola coranica, se l’imam e la tua comunità dettano le regole di una moralità soffocante. Büsra ha quasi vent’anni. Non può ascoltare musica, né festeggiare un compleanno. Non può andare in vacanza da sola, stare fuori la sera, avere amici maschi, truccarsi o indossare abiti troppo aderenti. Soprattutto, non può immaginare un’esistenza diversa da quella che i suoi famigliari, in ossequio alla tradizione religiosa e alla propaganda del proprio paese di origine, hanno deciso per lei, quella cioè di non essere altro che una «gallina da cova», sottomessa alla volontà del marito, senza ambizioni e desideri. E invece Büsra sogna per sé un futuro differente: si iscrive all’università, lavora in un ristorante fino a tardi, ama un ragazzo non musulmano, rifiuta il velo e i matrimoni combinati. Sceglie il proprio destino, ignara forse del fatto che per la sua autodeterminazione, per la sua ribellione al limite dell’apostasia, ci sarà un prezzo da pagare. Romanzo autobiografico, “Io vivrò” è diventato, fin dalla sua pubblicazione in Olanda, un caso letterario e ha acceso un profondo dibattito sull’integrazione con un’eco internazionale. A seguito delle intimidazioni e minacce di morte ricevute dalla comunità musulmana dopo l’uscita del libro, l’autrice, appena ventitreenne, ha dovuto lasciare la famiglia e da allora vive nascosta. Perché queste pagine non sono soltanto la cronaca di una dissidenza giovanile, un viaggio verso la libertà e la laicità, un manifesto femminista. Sono un j’accuse ruvido e sincero nei confronti della sua cultura, ma anche una disincantata riflessione sulle contraddizioni e le ipocrisie della società multietnica, sulle difficoltà delle politiche di integrazione e sui sensi di colpa dell’Occidente.