Descrizione
Prima arrivano le mosche. Quattro mosche che le ronzano per casa, a Medellín. Poi, una sera, Lina si trova davanti una donna dalla pelle scura come la notte che la invita a cercarla. Si chiama Ana Gregoria, anche se il suo nome non lo rivela e Lina non l’ha mai incontrata. “Ci sono cose che si sa che esistono anche se non si vedono e cose che si vedono pur sapendo che non esistono,” le risponde la madre quando Lina glielo racconta. E così inizia la sua storia. La storia di quando Lina non era ancora nata e sua madre Soledad aveva undici anni e una maestra di quinta elementare di nome Ana Gregoria. Una donna come non se ne erano mai viste in quel paese tra i monti dell’Antioquia, con la pelle scura come la notte e l’accento di chi viene dal mare. Sarà Ana Gregoria a svelare a Soledad chi è realmente. A farle immergere le dita nella terra per sentirla fremere. A insegnarle a mescolare erbe e radici e a pronunciare parole per invocare il silenzio intorno a sé e non essere vista né sentita. A parlare con le ombre. Perché la piccola Sole ha la mano che cura. Adesso tocca a Lina scrivere la sua storia, proprio mentre attorno a lei, dopo la scomparsa del padre, tutto sembra sgretolarsi e trascinarla verso un abisso. Ana Gregoria, ormai anziana, la sta chiamando. Spetta a Lina decidere se accettare un’eredità tanto preziosa quanto fragile, che si tramanda da generazioni tra superstizione e folklore. Perché non tutti capiscono i suoi poteri: la mano che cura può essere una benedizione, ma anche una condanna, e Lina dovrà fare la sua scelta. Con una scrittura potente, a tratti quasi ipnotica, che carica il racconto di tensione tellurica, Lina María Parra Ochoa intesse una storia tutta al femminile, che ruota intorno alla figura della bruja e si muove agile al confine tra magia e realtà, nel solco della migliore letteratura sudamericana.