Descrizione
Credevamo di essere onnipotenti e sbagliavamo. Credevamo di aver capito tutto e non avevamo capito niente. Gli anni della pandemia hanno costituito un grande reset, per tante certezze e tante convinzioni, e il risultato è un trauma collettivo di cui oggi viviamo le conseguenze: una situazione di gravissimo contrasto sociale, patologie psicologiche diffuse in forme acute soprattutto tra i giovani, un’incertezza generale sul futuro. Dobbiamo ritrovare un filo di Arianna in ciò che abbiamo vissuto e usarlo per ricucire la trama della nostra convivenza, se vogliamo sopravvivere come specie. E questo filo è fatto di pensiero e di resistenza: alla disinformazione, alle tentazioni del controllo sociale, a un’«era dello squalene» segnata da sopraffazione e sfruttamento, alla deriva del transumanesimo che minaccia innanzitutto la nostra medicina. Una concezione aberrante secondo cui le persone non sono unioni irripetibili di corpo e anima ma solo oggetti da trattare, da riempire di pillole e vaccini, fino all’estremo di sopprimerle quando non più «funzionali». Susanna Tamaro tesse in queste pagine una riflessione sulla natura e sul nostro posto nel mondo, dando voce ai dubbi di molti, non solo sulla gestione passata della pandemia ma sulle intenzioni future di una scienza e di una politica che sembrano aver contratto il virus più pericoloso: la cecità di fronte alla verità della vita. Questo libro suona le trombe di Gerico e sgretola il muro dei pregiudizi, delle polemiche e dell’arroganza: uno sguardo che si alza libero e ci offre una prospettiva nuova, come un volo di rondini.